mercoledì 3 ottobre 2012

Banksy: writer o regista?



Versione integrale del mio articolo su Il Fatto Quotidiano

Guru mondiale di illegal art e artista straquotato amatissimo dal pubblico di tutti e 5 i continenti, non solo giovane, con il suo film Exit Through The Gift Shop Banksy continua a incassare successi. Da subito accolta con una standing ovation al Sundance Film Festival e al Festival di Berlino nel 2010, e con una  candidatura agli Oscar 2011, la produzione inglese è da poco diventa anche italiana: “Siamo il terzo paese al mondo a proiettarlo dopo States e UK: P.F.A - dice Silvia Lucchesi, direttore di Schermo dell’Arte Film Festival, rassegna cinematografica novembrina dedicata all’arte contemporanea. Films l’ha prodotto per farlo uscire nelle nostre sale, e la Feltrinelli penserà alla versione home video”. Le sequenze raccontano di Thierry Guetta, bislacco francese che vive a Los Angeles soggiogato dalla sua videocamera da cui non si stacca mai filmando ogni cosa, che a un certo punto s’innamora della street art e scopre che un suo cugino è Space Invader, famosissimo writer d’Oltremanica. Tramite lui riesce a incontrare Banksy e diventa Brainwash: la storia è vera? “Il punto del film è esattamente questo: non si sa. Il montaggio comprende materiali di 20 anni fa – si dichiara girati da Guetta - con altri nuovi, quindi sembrerebbe trattarsi di una fonte reale costruita come una fiction. 

Ma non è chiaro se Guetta-Brainwash ha accettato di raccontare la sua storia a Banksy, che ne ha fatto un docu-fiction, oppure se Banksy ha inventato un plot su un sedicente artista di alcuna fama, di fatto lanciandolo”. In effetti le opere di Brainwash sono deludenti, Guetta è un finto artista che scopiazza da internet le sue produzioni o rubacchia le idee degli altri. Insomma, è raccontato piuttosto come un abile comunicatore di se stesso: “Di sicuro la critica al sistema dell’arte è feroce. Attraverso questa vicenda Banksy mostra come una persona comune, se gioca bene le sue carte e sa fare un po’ di marketing, riesce a vendere qualsiasi cosa a chiunque a prezzi esorbitanti”. 

Di fatto ancora adesso nessuno sa se Guetta-Brainwash esiste o meno: “Esiste eccome, è ovunque ritratto con la famiglia e i suoi lavori hanno quotazioni d’asta, stiamo parlando di decine di migliaia di euro. Nel 2009 ha perfino firmato la copertina di Celebration, un album di Madonna. Quello che non si capisce è se ciò è una conseguenza del film o se è la storia che il film semplicemente racconta. Con la datazione non ci si arriva”. Nel senso? “Il mio assistente ha visto di recente a New York una mostra di Brainwash, effettivamente affollatissima, ma era posteriore a quando fu girato il film”. In realtà Brainwash espone con grande successo a Los Angeles già nel 2008: “E’ vero e, come raccontato nel film, copia la mostra di Banksy quando lui, stessa città due anni prima, assemblò in un grande capannone industriale opere tra le più disparate, tra cui un elefante vivo dipinto di rosa, apprezzatissimo anche da Brad Pitt e Angelina Jolie. Potrebbe quindi essere Banksy stesso ad aver costruito l’evento, per costruire il suo film”. Una specie di Effetto Droste? “Un incredibile mise en abyme, ed è questa l’idea geniale del film, si esce con un sacco di domande senza risposta, tra cui: e se Brainwash fosse Banksy?”. 

E se Banksy fosse una donna? “L’idea fa parte della mitologia su un personaggio che nessuno ha mai conosciuto, che non ha mai rilasciato interviste e che quando compare è sempre oscurato in volto o con un cappuccio. Si dice anche che Banksy siano più persone”. In effetti, negli ultimi tempi, sembra ovunque: ha anche pagato una cauzione per due writer russi colti in flagrante dalla polizia locale mentre a Hollywood fa colare per centinaia di metri una riga rosa che finisce su un muro dove un bimbo rosa di spalle sta facendo pipì: “Su internet sono documentate tutte le sue trovate, tra arte, attivismo politico, azioni illegali”. 

Nel film si racconta di quando posizionò a Disneyland un prigioniero di Guantanamo gonfiabile. La polizia prese Brainwash, che lo fotografava: “E’ l’emblema della storia: una volta conosciuto Banksy, Guetta vuole fare un film su di lui e, entrambi d’accordo, lo segue ovunque. Quando però Banksy vede il prodotto finale, schifato, promette che sarà viceversa lui a fare un film su Brainwash”. Insomma, il protagonista è detestabile: “Al contrario. Guetta-Brainwash è talmente folle, eccentrico, assurdo da restare simpatico. Semplicemente, i suoi lavori sono orrendi, non hanno niente di artistico. Nel finale per esempio, per organizzare la sua mostra, convoca giovani grafici e studenti alle prime armi e li mette a lavorare su Fotoshop o a elaborare elettronicamente immagini prese da internet in modo assolutamente casuale. La mostra va alla grandissima, vende ogni pezzo. E, a meno che non siano incredibili fotomontaggi, è tutto vero perché ci sono code con migliaia di persone per entrare”. 

Nel film nessun italiano: “Però Space Invader ha lavorato con Blu, il più famoso graffitaro dello Stivale”. E poi Shepard Fairey, assoldato da Obama per la sua campagna elettorale, di cui la famosa immagine in bicromia: “Di chicche come queste ce ne sono tante. E’ un lavoro eccezionale”.



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