venerdì 19 ottobre 2012

Il web si converte al buddismo



(Versione integrale dell'articolo uscito sul fatto il 19 ottobre 2012)
 
La religione della contemporaneità pare essere il buddismo di Nichiren Daishonin. O per lo meno la più duttile per adeguarsi al cambiamento dei tempi. Così, mentre in molti si disperano perché gli italiani non sono digitalmente alfabetizzati (solo la metà sa decifrare i bit), viene fuori un sottobosco di smanettoni connessi tra loro dal mantra giapponese Nam Myoho Renge Kyo. I dati sono interessanti, visto che stiamo parlando di dodici mila membri inscritti solo su Facebook, e di una proporzione buddisti/cybernavigatori superiore al rapporto cittadini/cybernavigatori. Sta di fatto che l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (SGI), ente religioso riconosciuto con decreto del presidente della Repubblica nel 2000, dal suo arrivo in Italia cresce in modo direttamente proporzionale all’alfabetizzazione digitale e alla diffusione dei social network e che sempre di più è popolato di giovani, i più attivi in rete (“Non so se l’Istituto abbia superato i 60 mila iscritti – dice il direttore di Buddismo e Società, una delle riviste della SGI, Maria Lucia De Luca – ma di sicuro registriamo un incremento di 5000 persone l’anno di cui il 30% sono giovani. I social network? C’entrano eccome”).

Passeggiando per il web se ne trovano di tutti i colori, dal mandala (Gohonzon) scaricabile a App (iDaimoku, iGongyo) che insegnano a recitare (pregare), dai video su YouTube alle performance buddiste di personaggi pubblici come Tina Turner e Yoho Ono (370 mila e 170 mila click), fino ai gruppi e alle fan page, ufficiali e non. Tanto per fare qualche esempio, il gruppo Il Nuovo Rinascimento (altra rivista SGI) conta 6000 persone, quello  di Nichiren Daishonin 2000, la pagina Soka Gakkai 5000, il gruppo Buddismo e Società 3000, la Comunità Nam Myoho Renge Kyo 15.000, e così via. E non mancano le microiniziative legate al territorio, i flash mob, le riunioni improvvisate, gli incontri, tutto organizzato su web: “Ho fatto il gruppo Mamme SGI su Facebook – racconta Valentina Buffa, imprenditrice – per creare un punto di riferimento per tutte le mamme del quartiere Trieste di Roma, così quando vogliono recitare sanno dove andare”. Per Daniela Pulci, giornalista a “La Vita in Diretta”, i social network sono essenziali: “Su Facebook seguo il gruppo Gli Amici di Nichiren e Amici del Buddismo, dove trovo materiale per studiare Il Sutra del Loto. In rete ho addirittura fatto Shakubuku ( “togliere sofferenza a un’altra persona portandola ad abbracciare la pratica buddista”) a una persona che non ho nemmeno mai visto”. Non tutti la pensano così: “Bisogna stare attenti – dice Donatella Pavone, magistrato – perché la maggiore democraticizzazione delle informazioni aumenta anche la circolazione di falsità. Sto sempre attenta a navigare i siti ufficiali, italiani e internazionali, pubblicati su sgi-italia.org”. D’accordo anche Erica Galligani, direttore di Nuovo Rinascimento: “Certo che è possibile fare Shakubuku in rete, come pure sposarsi, in fondo i social network parlano il linguaggio intimo della contemporaneità. Ma nessuna cyber-relazione potrà mai sostituire quel contatto cuore-a-cuore su cui si basa la trasmissione del vessillo della propagazione della fede. Sicuramente i risultati della nostra religione sono straordinari anche grazie al web, ma diventare buddisti non ha nulla a che fare con l’iscrizione a un gruppo Facebook”. Sta di fatto che il buddismo è stato capace di tradursi in ogni contemporaneità: “Il buddismo trae forza dalla rete perché è esso stesso, fin da sempre, “rete” – spiega Fabrizio Giancaterini, responsabile della prima rivista on line buddista fatta da giovani, “Il volo Continuo” con 8000 fan digitali, e il consulente che ha trasportato su Facebook i contenuti SGI. Fin dalle sue origini si affida alla trasmissione orale e si basa su un’assoluta accessibilità “dal basso”: il Daishonin diceva che chiunque può raggiungere la buddità, senza bisogno di preti o templi. Approdando su web, sapevamo di essere più esposti alle diffamazioni ma non volevamo restare fuori della storia e la storia ci ha dato ragione, rafforzandoci: la rete ha reso fruibile la comunicazione buddista, stimolato il dibattito, facilitato lo scambio di fonti e collegamenti, favorito gli incontri reali e quindi lo Shakubuku”.

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