mercoledì 3 ottobre 2012

Il primo cortometraggio italiano a tre dimensioni


UN ITALIANO BREVETTA IL NUOVO DISPOSITIVO PER RIPRENDERE IN 3D


(Versione integrale del mio articolo uscito su Il Fatto Quotidiano)

E’ bello quando ci sono da raccontare storie a lieto fine. Lo è quella di Francesco Gasperoni, col suo film Parking Lot, dopo il sogno di una vita e nonostante la sclerosi multipla. Farmacista, appassionato di Fisica (per le edizioni scientifiche Universo ha pubblicato Bouncers), aspetta questo momento dall’età di otto anni, quando il padre gli regalò un Super8: per la 57° edizione del Taormina Film Fest, esordio mondiale per il primo lungometraggio italiano girato interamente in 3D. Il suo. 

Come si sente? “Se penso che ho rappresentato il 3D insieme a Kung Fu Panda 2 e a Wim Wenders che con Pina, un omaggio alla Baush, mi prende un colpo. Dopo anni in cui il cinema mi ha chiuso le porte in faccia è una bella soddisfazione: ci voleva un brevetto!”. In che senso? “Se non hai agganci, in quel mondo non entri. E’ stata la mia invenzione ad attirare l’attenzione”.  

3Damon, la sua macchina per riprendere in 3D a basso costo e del peso di soli 2 chili e mezzo, è stata brevettata esattamente un anno fa: “Era il giorno in cui cominciammo le riprese. Non mi sarei mai immaginato che sarebbe stata lei a lanciarci in orbita”. Intende dire che il suo film non ha abbastanza sostanza di per sè? “Al contrario. Quando, per puro caso, Debora Young, il direttore del festival di Taormina, ha visto Parking Lot, avevamo appena finito il montaggio definitivo. Ha notato come la sceneggiatura, di Harriet MacMasters-Green, che è anche la brava protagonista, avesse uno spessore e una profondità tale da poter essere considerata un primato mondiale nel 3D”. Cioè? “Di solito, chi gira in 3D è interessato agli effetti ma la storia è narrativamente inconsistente. E’ come accadeva alla fine dell’Ottocento: il cinema era attrazione pura per le immagini in movimento. Solo più tardi si è passati dall’invenzione tecnica alla produzione di storie”. 

Siamo in un thriller claustrofobico girato in un centro commerciale: “Dopo una giornata di shopping, con un’amica, una ragazza non trova più la sua auto e si perde nel parcheggio, finchè non sviene. Quando si risveglia si accorge che è rimasta chiusa dentro e che è la vittima di una caccia all’uomo. In realtà tutto questo è una scusa per raccontare la storia di lei e del suo passato: è diabetica, ha subito dolorose perdite. Ma adesso, nella situazione in cui si trova, la sua debolezza sarà la sua forza”. 

Nel film nulla è come sembra, proprio come è successo a lei: “E’ vero. Ho costruito quella macchina solo perché non avevo i soldi per affittarne una in commercio, e ora sono qui, ancora non ci credo. Pensi che ho usato i Lego per simulare il funzionamento”. E poi? “Ho fatto varie prove e alla fine ci sono riuscito. Tra l’altro 3Damon è molto più agile delle macchine in commercio, che pesano anche 60 chili e hanno una marea di componenti inutili”. 

Come funziona? “E’ semplice. Per girare in 3D ci vogliono due obbiettivi perchè i nostri occhi vedono due cose diverse e noi, combinandole, vediamo la profondità. La mia macchina fa solo in modo che i movimenti dei due obbiettivi siano il più possibile accettabili per i nostri occhi, che siano leggibili dal nostro cervello”. Il suo dispositivo quindi sincronizza i due obbiettivi? “Esatto. E il punto dove convergono è lo schermo. Tutto ciò che si muove prima o oltre tale punto diventa l’effetto che chiamiamo “3D”, ossia con gli oggetti che sembrano entrare nella sala cinematografica e lo schermo che da piatto diventa come una finestra. E’ un po’ come a teatro: ciò che va oltre il bordo del palcoscenico entra in platea”. 

Tra gli attori anche Francesco Martino e Massimo de Lorenzo: “Massimo è diventato una star dopo C’è chi dice no e Boris. Ma sono tutti bravissimi”. Il film è interamente autoprodotto? “Ci ho investito tutto ciò che avevo, mezzo milione di euro. Ma vedesse la fila dei produttori, adesso!”.

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